Il grande freddo americano
E' nell'era Shamir il futuro prossimo di Israele?
E' difficile non sentire l'aria fredda che arriva su Israele dal governo USA.
I primi spifferi si sono sentiti durante la guerra del Libano. Ma la sconfitta di Bush alle elezione di mid-term, il capovolgimento della leadership militare, il bisogno sempre più impellente di chiudere l'avventura irakena hanno trasformato gli spifferi in una corrente ghiacciata.
James Baker, Brent Scowcroft e il gruppo di old-con che Bush ha chiamato a Washington per formulare una strategia alternativa stanno, apparentemente e direi piuttosto logicamente tirando fuori dal cassetto la vecchia politica repubblicana. Nella settimana di colloqui che Condoleeza Rice avrà con le potenze arabe dell'area, per disegnare una exit strategy dall'Irak è probabile che si parli più di Israele e palestinesi che non di Irak. Gli arabi premono per forti avanzamenti nella "soluzione" del conflitto palestinese. Ed è in questo clima che si deve leggere la frettolosa accettazione di Olmert di una tregua parziale di Hamas, che in un primo tempo era stata rifiutata e che sta venendo implementata senza aver preventivamente consultato i vertici di Tzahal.
Le pressioni rischiano di chiedere un prezzo altissimo se, come tutto lascia prevedere, anche la Siria verrà coinvolta nel processo. Il prezzo dell'accordo USA con Assad è stato già chiarito: l'abbandono del Golan da parte di Israele.
As Syrian Foreign Minister Walid Moallem was expected begin a landmark visit to Iraq on Sunday, Damascus was reportedly set to demand that Washington press Israel over the issue of return of the Golan Heights, as the price of its cooperation with the Bush administration on Iraq,[...]
Se il governo israeliano, contraddicendo la politica piuttosto prona alle richieste americane seguita fino ad adesso, decidesse di cominciare a pigiare sul freno, chiedendo che siano i palestinesi a muovere i passi richiesti (qualcuno ricorda ancora che si aspetta la liberazione di Gilad Shalit?), i rapporti Israele-USA rischiano di tornare al punto bassissimo raggiunto negli anni 90. Ma negli anni 90, alla guida del governo c'era un uomo di rocciosa testardaggine: Yitzhach Shamir. L'uomo capace di sedersi a qualsiasi tavolo, sorridere a tutti e alzarsi senza avere mai concesso assolutamente niente. L'unico premier israeliano dopo Begin a cui non sia stato chiesto di pagare da solo il prezzo della pace immaginaria, con la cessione di territorio strategico.
L'uomo che, forse non a caso, ha assicurato ad Israele il minimo degli applausi internazionali, ma il massimo della sicurezza nei decenni recenti. Ricordiamolo con questo grande articolo di Shmuley Boteach.
E speriamo che Israele sappia trovare tra le sue fila lo Shamir di cui comincia a esserci urgente bisogno.
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