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12.2.07

Non si gioca con il sangue

Ai funerali delle 42 vittime del Pogrom di Kielce, Polonia, 1946

Riprendo dal blog del mio amico bolscevico MMAX, una riflessione che inquadra la reazione, anche violentemente emotiva, al libro di Toaff "Pasque di Sangue". Si parla del pogrom di Kielce, che nel 1946 in Polonia causò 42 vittime tra gli scampati ai campi di sterminio, e che partì, ancora una volta, dalla calunnia del sangue.

Vuol dire che su queste cose non si deve indagare criticamente? No, vuol dire che su queste cose c'è la responsabilità di indagare seriamente. E che il tema non consente di scrivere alla leggera un romanzetto horror senza fonti. Non stiamo parlando di Templari. Parliamo di un motore di persecuzioni di schiacciante attualità e prevedibilmente di radioso futuro. Ah, per non dimenticare: il Prof. Luzzatto Sergio è un somaro.

16.2.06

Diego Quaglioni su "Pasque di Sangue"

http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=2&sez=120&id=19405

È sempre estremamente pericoloso voler leggere le fonti partendo da un preconcetto, perché questo è destinato a condizionarne la comprensione e a falsarne il significato; ed è proprio da un'idea precostituita che Ariel Toaff si è mosso nell'affrontare il tema dell'omicidio rituale imputato agli ebrei: un tema delicato, sia per l'uso che ne è stato fatto in passato, sia per l'effetto che può avere su un pubblico di non specialisti. Tutto il libro di Toaff ( Pasque di sangue. Ebrei d'Europa e omicidi rituali,
il Mulino) si basa su un preconcetto: il preconcetto della pregiudiziale acriticità della storiografia precedente nel ritenere priva di fondamento l'accusa di omicidio rituale. Gli studiosi che della questione si sono occupati, insomma, avrebbero ritenuto «a priori» l'omicidio rituale «un'infondata calunnia, espressione dell'ostilità della maggioranza cristiana nei confronti della minoranza ebraica».
Partendo da questo presupposto, l'autore ha riletto gli atti dei processi agli ebrei di Trento del 1475, il «caso» che presenta la documentazione più ampia e che praticamente forma la trama su cui Toaff basa le sue affermazioni e cerca conferme alle sue tesi, senza tenere minimamente conto da una parte della natura di un processo inquisitorio, condotto da giudici secolari nella segretezza e nell'arbitrio, con l'uso sistematico della tortura e in assenza di ogni difesa, dall'altra del contesto in cui il processo fu celebrato. Non si può infatti ignorare che il processo coincise con la raccolta delle prove della santità del «martire» Simonino, santità fortemente voluta dal principe-vescovo Hinderbach e dagli uomini del suo entourage,
questi ultimi spesso testimoni agli interrogatori degli ebrei inquisiti e allo stesso tempo presenti alla registrazione dei miracoli del «beato Simonino». Si resta quindi interdetti nel notare una sostanziale incomprensione di queste circostanze nel libro di Toaff, che addirittura utilizza ampiamente e in modo del tutto acritico, inserendole addirittura fra le fonti, opere come quelle del Bonelli (1747) e del Divina (1902), scritte con lo scopo dichiarato di sostenere la causa della santità del Simonino e in cui la citazione di brani tratti dai documenti ha sempre la finalità di dimostrare la perfidia ebraica, il martirio del bambino e la sua santità.
Anche le pretese concordanze tra vicende e personaggi ricordati nelle deposizioni degli ebrei con fatti e persone realmente esistite, non formano certo prova della veridicità delle deposizioni, e non solo perché notizie di tal genere erano notoriamente ed ampiamente diffuse e quindi note sia agli imputati sia agli inquisitori. Tutto il processo di Trento risulta infatti viziato fin dal suo inizio dalla volontà dei giudici di provare ad ogni costo e, per loro stessa affermazione, anche contro le forme del diritto, che gli ebrei di tutta Europa erano meritevoli di sterminio perché ovunque essi erano dediti all'infanticidio rituale e al consumo del sangue cristiano.
Perciò il processo suscitò subito scandalo. Papa Sisto IV inviò a Trento un inquisitore domenicano, che al suo ritorno a Roma denunciò la falsità del processo contro gli ebrei «ingiustamente depredati e uccisi» e gli «inganni, frodi e macchinazioni» usati al solo scopo di avvalorare «credenze superstiziose» e d'inventarsi «miracoli straordinari». (Roba a cui potevano credere, egli scriveva, solo «donnicciole superstiziose, vecchie pettegole e frati questuanti»). « Commenta et fabulae », invenzioni e favole, « vulgi figmenta », invenzioni del popolino, che il domenicano considerava non un'ingiuria fatta agli ebrei, ma alla fede cristiana, « iniuria fidei christianae
». Gli stessi verbali che leggiamo oggi non sono gli originali, ma quelli che l'inquisitore del papa riteneva fossero stati riscritti di sana pianta per nascondere le atrocità commesse in un processo irregolare (nuovi documenti, di cui Toaff è certo a conoscenza, dimostrano che il vescovo di Trento e i suoi giudici erano perfettamente consci delle irregolarità e degli abusi procedurali).
Non vi è dubbio che Toaff, uno studioso che altre volte ha dato buona prova di sé nel campo degli studi sulla «cultura materiale», aveva tutto il diritto di rivedere criticamente la storiografia sull'omicidio rituale, ma non di improvvisarsi interprete di una documentazione che richiede qualche strumento in più di quelli che occorrono per comprendere il «mangiare alla giudia» in Italia dal Rinascimento all'età moderna. Prima di sostenere una tesi così paradossale su di un tema così complesso e delicato, avrebbe dovuto munirsi di prove concrete e incontrovertibili, delle quali il suo libro è invece del tutto privo.
La valutazione critica delle fonti, della loro attendibilità e importanza, è il primo compito della ricerca storica. Esistono a tale scopo criteri e norme di carattere generale, ma ogni ricerca necessita di particolari avvertenze critiche, che solo la «discrezione» dello studioso, il suo senso storico, gli possono suggerire. È la «discrezione», la capacità di discernimento dello storico a fargli avvertire ciò che può e ciò che non può rimanere dopo l'analisi critica del testo. Questo delicato strumento della critica storica sembra del tutto assente nel libro di Ariel Toaff, che si basa su una rude semplificazione dei criteri di giudizio e su una fede generalmente accordata a fonti di provata tendenziosità. Davvero il nostro raziocinio è così debole, il nostro giudizio storico così incerto, la nostra civiltà giuridica è così esaurita, da indurre a credere a confessioni estorte con la tortura e ratificate nel terrore di nuovi tormenti?
Il risultato, certamente non voluto ma nondimeno palese, è quello di una sorta di ritorno ad un'infanzia della storiografia, ad un'età precedente all'acquisto della «discrezione», della capacità di discernimento: un ritorno ad una lettura pre-critica delle fonti processuali. In un certo senso, Toaff poteva perfino risparmiarsi la fatica della scrittura: era sufficiente un'anastatica di certa letteratura apologetica di fine Ottocento.

28.2.05

Si può chiamarlo straccio®.

Si, si può chiamare straccio® un giornale come il Guardian, che ha avuto il
coraggio di accusare Israele dell'assassinio di Hairiri.


Tb



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8.12.04

[MEMRI] Giornale sudanese: 37 rabbini combattono a Falluja

Sermone sudanese: 1000 ebrei (tra cui 37 rabbini) stanno massacrando mussulmani a Falluja.

"Gli ebrei stanno combattendo in questo momento. Ancora prima di leggere
la notizia della presenza di ebrei a Falluja avevamo pensato che
l'irruzione in case con gli stivali ai piedi, passando di abitazione in
abitazione usando gli esplosivi, erano azioni che avevamo già visto a
Balata, Jenin e Rafah. Gli ebrei sono venuti per condurre la guerra
urbana per conto dell'America e l'America ricambia dando loro sostegno."
Memri


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7.12.04

it.cultura.deicida?

Vai su google, cerchi it.cultura.ebraica, ed ecco cosa ti appare come primo sito sponsorizzato: La questione del deicidio. Carino, no?

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