29.10.05

Rav Di Segni boicotta evento vaticano: c'era Lustiger

Perplessità notevoli sulla decisione di Rav Riccardo Di Segni di
boicottare l'anniversario della "nostra aetate", un evento
multireligioso a cui hanno comunque partecipato leader ebrei di tutto il
mondo.

http://www.haaretz.com/hasen/spages/638731.html

Pare che l'assenza di R. Di Segni nasca dalla decisione, da lui
giudicata inopportuna, di avere tra gli speaker dell'evento il cardinale
Jean Marie Lustiger, nato ebreo figlio di madre uccisa ad Auschwitz, e
convertito al cattolicesimo da ragazzo.

Personalmente, concordo col giudizio del rabbino capo brasiliano,
riportato nell'articolo di Haaretz.

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23.10.05

Un DVD, cinquemila fanatici, tre morti ammazzati




Cinquemila musulmani egiziani in rivolta assaltano una chiesa copta e massacrano tre persone.
Perché? Perché nella parrrocchia veniva distribuito un DVD "blasfemo"

Ma blasfemo perché? Perché si raccontava di una conversione forzata, a cui seguiva la delusione.
Da qui i tre morti e la rivolta.
Al Jazeera spiega:

The production features a poor Christian university student who converts to Islam when a group of Muslim men promise him much-needed money.When he becomes disenchanted with his decision, the men threaten him with physical violence to prevent him from returning to his original faith
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Scintille a Cracovia


Un anno fa, in visita a Cracovia, non mi riuscii di trovare una sinagoga, reform o ortodossa dove passare shabbat. In giro per il ghetto trovai solo diversi musei, qualche vecchio americano in visita, qualche gift shop per turisti.



Ma nemmeno un ebreo residente e visibile, a parte le statuette intagliate nel legno.

Oggi a Cracovia prende servizio un nuovo rabbino, il primo ad occupare la sede dopo la Shoah. Pare che la comunità ufficiale conti 200 persone, ma forse 1000 sono gli ebrei halachici che nascono da famiglie che hanno scelto il marranesimo negli anni del comunismo (eh sì, anche il comunismo può essere antisemita. E in Urss, in Polonia e in Cecoslovacchia lo è stato con particolare impegno).


Auguri a Rav Avraham Flask, un israeliano nato in Russia. La prossima volta, Cracovia mi sembrerà meno spettrale.

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Pallywood. Il piu' grande scandalo informativo di tutti i tempi





Nidra Poller documenta con immagini una dozzina di differenti episodi in
cui network informativi come la reuuters e l'associated press producono
notizie-fiction, con la cooperazione di attivisti palestinesi:

-un falso funerale col "cadavere" che si mette da solo nella bara
-un dottore che istruisce un paziente su come mentire al giornalista,
inventando maltrattamenti israeliani
-false scene di combattimento e ferimenti a gaza

C'è un intero film da vedere con windows media player

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"gli ebrei non hanno diritto al monte del tempio"

"La moschea Al-Aqsa esiste da sempre e Salomone non potrebbe avere costruito il suo Tempio dove già esisteva una moschea".

Così Sheik Kamal Hatib, vicepresidente del "Movimento Islamico", il gruppo musulmano più idendificato con la militanza del Monte del Tempio.

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19.10.05

Il mondo è più sicuro


Meno guerre, meno morti, meno rifugiati. Molti meno. La realtà parrebbe
smentire la mitologia nostalgica della guerra fredda e dell'"equilibrio"
globale.

Secondo uno studio dell'Human Security Report dell'Università del
British Columbia di Vancouver
, i conflitti sono calati del 40% dalla
fine della guerra fredda in poi e insieme al numero di guerre scende in
modo drammatico il numero medio di morti per guerra. Crescono solo i
morti per attacchi terroristi ad alta intensità che però, pure nella
loro drammaticità, non sono paragnabili al massacro che avviene quando
si scontrano eserciti con armi pesanti, si massacrano e si spostano
popolazioni civili.

Nonostante il genocidio ruandese e il macello ex-yugoslavo, il numero
dei genocidi e dei "politicidi" (massacri generalizzati di oppositori),
è crollato dell'80% dal 1988 al 2001. Nonostante un alto numero di
fallimenti, ONU riesce oggi a fermare i conflitti tra il 40% e il 60%
dei casi, mettendo in atto operazioni di "nation building" che sembrano
essere la miglior garanzia contro la riapertura dei conflitti.

Specialmente oggi che le grandi potenze non si affrontano pià
appoggiando, finanziando e scatenando guerre locali.

Insomma, non c'è nulla da rimpiangere e non c'era nulla da difendere
nemmeno nel ruolo imperiale e "stabilizzatore" dell'Urss.

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18.10.05

Schede e bombe

Anche l'ipercritico NYT saluta il successo del referendum costituzionale
in Irak.

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Quello che già sappiamo, e da cui non si può mancare di essere
impressionati, è che un gran numero di Iracheni delle più varie idee
hanno deciso il loro futuro costituzionale, sfidando le minacce
terroriste. Hanno esercitato un basilare diritto democratico che sarebbe
stato inconcepibile solo pochi anni fa.


What we know already, and can't fail to be impressed by, is that large
numbers of Iraqis of all persuasions turned out, in defiance of
terrorist threats, to decide their constitutional future. They have
exercised a basic democratic right that would have been inconceivable
just a few years ago.

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Aggiungiamo che l'affluenza è stata ottima, compreso il triangolo
sunnita, che tutto si è svolto senza incidenti, e direi che ci si può
unire alle lodi che sentivo stamattina, riportate dal Wall Street
Journal, per una classe politica irakena che ha dimostrato di valere di
più di quanto si credesse, sia tra sostenitori che detrattori della guerra.

La situazione è meno rosea di quanto un neocon entusiasta potesse
sperare agli inizi. Ma anche meno fosca di quanto si ami dipingerla da
queste (e altre) parti. Auguri all'Irak e buon lavoro a chi lotta con le
schede e non con le bombe.

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"Se fossi in Francia sarei processato come i negazionisti"

Da un articolo del Dr. Muhammad Al-Habash sul giornale del governo
siriano, il miglior elogio mai offerto a MEMRI

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"There are at least 100 Arab satellite channels, and 100 Arab TV
stations. The number of radio stations is twice that, and the number of
newspapers, five times that number. And all this is just an estimate.

(...)

"But the Zionist MEMRI center does not only count them, it even monitors
them word by word and collects them, according to the principle of 'Not
one uttered voice should be left without a monitor ready to translate
it.' Then MEMRI brings up this information to decision makers, and
distributes it, in a different version, to other readers and [all] those
interested.

(...)

"If We Were in France Now, We Might Well Have to Stand Trial, Just Like
Roger Garaudy When He Cast Doubt on [the Truth About] the Holocaust"

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10.10.05

Sorpresa: Hamas è alla frutta

Il Jerusalem Post intervista Jeil Ziad, un oscuro militante di base che per cause di forza maggiore (epidemia di arresti) si trova catapultato ai massimi livelli di Hamas a Ramallah, guidando il movimento verso le elezioni.

Qualche settimana fa, il gruppo proclamava la vittoria su Israele. Ma nel periodo tra il ritiro e le elezioni, Hamas ha infilato, secondo gli analisti palestinesi intervistati dal Jpost, tutti gli errori possibili. Prima tirare troppo la corda dell'azione militare sparando missili su Israele, in un momento in cui la popolazione avrebbe preferito godersi un po' di pace, poi ha causato una strage durante la manifestazione, quando un camion carico di RPG è stato rovesciato, esplodendo. Poi si è scontrata con la polizia ANP. E per concludere ha lanciato un'offensiva di propaganda cercando di addebitare ad Israele l'esplosione e subendo il contraccolpo più di 400 arresti.

"Il popolo non ama votare un candidato in prigione".

"Durante la nostra intervista solo un militante è apparso nella sede, in quello che dovrebbe essere un movimentato periodo di elezioni. Dall'altra parte della hall, la sala d'aspetto di un oftalmologo pullulava di pazienti"

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I ribelli del Likud si squagliano

<>Apparentemente, Sharon continua a procedere inarrestabile macinando ogni
ostacolo, interno ed esterno. La ribellione nel Likud si spegne lentamente e si riduce a una debole voce di testimonianza: l'ultima riunione è stata un fiasco totale.

<>E così la prospettiva di una scissione si allontana.
Attila Somfalvi descrive la drammatica situazione dell'opposizione interna
"Per metterla gentilmente, hanno un problema. Non hanno un leader, non
hanno un obiettivo, persino il nemico arabo non è più quello di prima.
Insomma, non hanno niente".

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Le conversioni in Israele crescono del 50%

<>Apparentemente la spinta data dal governo ad un processo di conversione
più "umano" sta dando risultati.
Nell'articolo si cita però il caso di un cittadino arabo che lotta da
due anni col rabbinato di Tel Aviv ed una infinità di diffidenza e
ostacoli burocratici per riuscire a convertirsi, un desiderio che dice
di provare sin dall'infanzia. E' piuttosto irritato col rabbino
"ultraortodosso" che decide "al posto di D-o" chi è secolare, chi è
ateo... mi chiedo perché non abbia bussato anche alla porta del
rabbinato reform, che adesso è in grado di fornire una conversione
perfettamente accettabile dalla legge israeliana.

Tb

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9.10.05

Comunismo, politica di potenza, democrazia, politica di potenza

Click su: inserto pag.4

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Sergio Soave, docente di storia contemporanea (diessino) firma questo
articolo su comunismo e potere
, riflette sul fallimento, o meglio la
mancanza storica di qualsiasi spazio per il "comunismo democratico" e
rilegge la vicinanza del PCI al PCUS in termini non ideologici, ma di
apprezzamento politico per la politica di potenza sovietica.

Anche la forza del PCI nascerebbe da una "politica di potenza" interna,
legittimata dal ruolo di "emissario" di una grande potenza.

L'irrilevanza del dissenso democratico nella crisi e nel crollo
dell'esperienza comunista evidenzia la mancanza di una forza interna e
ineluttabile delle democrazia. E il bisogno, anche per la democrazia,
di affermarsi attraverso una politica di potenza.

Sforbicio un po' e linko in fondo.

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Uno dei difetti che si
possono riscontrare in altri studi dedicati
allo stesso argomento è che il Pcus
è considerato una specie di monolite,
privo di articolazioni interne, il che rende
il quadro parziale e per qualche
aspetto incomprensibile. Assai spesso i
comportamenti e le scelte dei dirigenti
del Pci sono stati la conseguenza della
percezione che avevano del confronto in
atto nelle alte sfere del Cremlino. Tutta
la storia del Pci, e degli altri partiti comunisti,
in questo senso, è legata indissolubilmente
alla storia del Pcus.

(...)

due leader del Pci [ingrao e amendola] che, con prospettive diverse,
anzi opposte, avrebbero posto, negli
anni successivi, il problema della democrazia
interna al partito e della liquidazione
della doppiezza sul carattere
democratico della via italiana al socialismo.
Ambedue, però, allora [1956], parteggiavano
per i carri armati, e questo spiega
perché in realtà non ci fu mai, nel “campo
socialista”, uno spazio reale per il cosiddetto
“comunismo democratico”.
Questo spazio non si è creato neppure in
quei paesi e in quei partiti comunisti
che ruppero col Pcus, in modo radicale
come quelli yugoslavo, cinese e albanese
o, in modo meno traumatico, quello
rumeno. La ragione è semplice: spezzare
il legame con la madrepatria sovietica
esponeva i gruppi dirigenti dei partiti
comunisti “eretici” al rischio di rotture
interne, provocate o no dall’azione
del Pcus, per reagire alle quali scelsero
sempre la via della repressione del dissenso

(...)

Si può
dunque pensare che la distinzione tra
socialismo democratico e comunismo
stia invece nella concezione della forzatura
volontaristica della storia. Se le cose
stanno così, è giustificato l’uso spregiudicato
della teoria al servizio delle
scelte politiche e di potere, di cui Stalin
fu maestro. Lo strumento per “forzare”
la storia è il potere, che non può essere
condiviso, se non per brevi periodi di
transizione e per ragioni tattiche, con
chi non abbia lo stesso intendimento. Se
le cose stanno così, ci si può proporre di
esaminare la storia del comunismo come
storia di un potere, e nel caso dell’Urss
di una potenza, che obbedisce a
dinamiche proprie. Il terreno principale
su cui si è mossa la graduale contestazione
della politica sovietica nel Pci,
infatti, è stata la critica alla “politica di
potenza”, condotta essenzialmente dalla
sinistra del partito

(...)

Si può
allora proporre un cambiamento di ottica,
che porta a considerare l’appoggio
all’Urss non come un fatto ideologico,
ma come un apprezzamento politico della
sua politica di potenza. Il caso di
Amendola può aiutare a seguire questo
ragionamento. Com’è noto Amendola
non condivise la critica, espressa dal
Pci, per l’occupazione sovietica dell’Afghanistan.
Ai suoi amici, che gliene chiedevano
stupiti la ragione, spiegò che
quelli che si opponevano all’Urss in
quella parte del mondo non combattevano
per la libertà contro il comunismo,
ma contro la secolarizzazione occidentale,
di cui l’Urss, ai loro occhi, era l’espressione.
Anche questa, col senno di
poi, può essere considerata una lettura
profetica. Amendola esprimeva l’apprezzamento
per la funzione di stabilizzazione
esercitata dall’Urss nel contesto
del bipolarismo, cioè una considerazione
sulla politica di potenza sovietica, anche
quando aveva ormai perso ogni illusione
sul suo regime interno e non nutriva
più speranze sulla sua riformabilità.
E’ un fatto che l’Urss è crollata
quando è fallita la sua politica di potenza

(...)

Una lettura meno ideologica delle vicende
del comunismo pone problemi
sgradevoli anche ai sostenitori della forza
ineluttabile della democrazia. Pensare
che sia stato il deficit democratico a
far crollare l’impero sovietico e a condurre
alla trasformazione socialista o all’irrilevanza
politica le forze comuniste
nei paesi democratici è consolatorio, ma
si può dubitare che sia vero. Il fallimento
del “comunismo democratico”, illustrato
anche da Guerra, che pure ci ha
creduto, è un aspetto del fallimento del
comunismo, ma è anche un segnale del
fatto che la democrazia non ha una “storica”
forza intrinseca, ineluttabile e invincibile,
e che quindi anch’essa per affermarsi
ha bisogno di una politica di
potenza.

(...)

I comunisti in Italia hanno
contato perché hanno saputo creare un
loro sistema di potere e perché erano
considerati gli alleati, e per certi aspetti
i mandatari, di una grande potenza.
Per questo hanno esercitato una funzione
tanto rilevante, nel bene e nel male,
nella storia del paese. Trascurare questi
aspetti fondamentali e fondanti, per inseguire
le chimere di una visione tutta
ideologica della loro alterità rispetto alle
questioni materiali del potere e dell’equilibrio
delle forze, può apparire utile
sul piano propagandistico, ma non
aiuta a capire la realtà di un’esperienza
che ha avuto tanto peso nella vicenda
italiana e internazionale, e quindi a elaborarne
criticamente il superamento.

Sergio Soave

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