28.11.05

Il padre segreto di Sharon

Sorridi, sei sul TBLOG

Sulla scena politica israeliana fanno irruzione le idee di Yashayahu Leibowitz. Le idee che hanno portato al ritiro unilaterale e all'apertura di una prospettiva di pace imprevedibile pochi mesi fa. Sono le idee del nuovo centro israeliano.

Assolutamente da leggere, da quella meraviglia di periodico che è Zeek, "The second coming of Yeshayahu Leibowitz", sulla nuova attualità del grande pensatore radicale, scienziato ed ebreo ortodosso che guastò a tutti la festa del 1967, annunciando nell'immediatezza della vittoria che l'occupazione dei territori sarebbe stata la rovina morale, ebraica e democratica di Israele.

Sono passati dieci anni dalla sua morte. E' stato detestato in vita da religiosi, a cui contestava l'idolatria dell'assegnare valore religioso ai confini dello stato. E stato vilipeso dalla destra alle cui smanie annessioniste contrapponeva dichiarazioni incendiarie sulla degradazione morale dell'esercito israeliano, invitando apertamentei i giovani a non accettare la chiamata alle armi. E' stato attivamente detestato dalla sinistra, di cui contestava l'approccio "land for peace", sulla base della convinzione che nessuna vera trattativa sarebbe stata possibile tra signori e sudditi. E che, quindi, qualunque colloquio di pace senza un ritiro preventivo, unilaterale e senza condizioni, sarebbe stato una commedia di falsità e inganni. Fu proprio il governo Rabin a schierarsi contro la consegna del Premio Israele a Leibowitz nel 1993.

Inviso a tutti, Leibowitz è però inaspettatamente tornato. C'è molto di suo nella nuova politica israeliana che sta trionfando, sconquassando gli schieramenti tradizionali.

C'è la convinzione, tradizionalmente di destra, che la pace sia uno scenario remoto. Che "land for peace", cioè la negoziazione del ritiro, sia una strada sbagliata e senza uscita. Ma anche la certezza, di sinistra, che la sicurezza di Israele non dipenda dai confini ampi. E anzi che i maggiori pericoli possano venire da chi sta dentro quei confini.

Il risultato di questo apparentemente illogico e inconciliabile sistema di pensieri è il ritiro unilaterale. Che proprio in quanto unilaterale può aprire, forse, una strada verso la pace, che qualunque altro approccio chiuderebbe. E' una strada stretta e improbabile. Ma l'unica possibile. Ed una strada che, anche se non dovesse portare alla pace, cosa per cui occorre la cooperazione della controparte, quantomeno assicura la salvezza morale, democratica ed ebraica di Israele. Su questa strada ha deciso di incamminarsi Ariel Sharon, in compagnia della maggior parte dell'elettorato israeliano.

Forse è presto per annunciare l'arrivo dell'era messianica. Ma l'era leibowitziana, quella sì, è sicuramente cominciata.

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