21.12.05

L'Europa e gli ebrei buoni

Sorridi, sei sul TBLOG
Dal primo articolo di Emanuele Ottolenghi su "Commentary", pubblicato su questo numero. [leggi tutto] Ho tagliato molte cose interessanti, in particolare l'analisi del linguaggio pseudo-teologico degli antisionisti di oggi. Ecco una traduzione del nocciolo.
[...] Molti altri hanno considerato loro specifico dovere di ebrei la denuncia di Israele. I loro ranghi includono tutti e tre i proponenti di una mozione "Il sionismo è il nemico degli ebrei", lanciata ad un dibattito pubblico a Londra agli inizi di quest'anno. Uno di essi è lo storico Avi Shlaim. Come altri prima di lui, anch'egli ha sentito il bisogno di pubblicizzare la sua virtuosità ebraica scrivendone e pubblicando. In un intervento sull' IHT, egli ha giustificato l'implacabile antisionismo sul quale ha fondato la sua carriera accademica appellandosi a una religione che non risulta abbia mai praticato. "Uno dei più grandi riconoscimenti dell'ebraismo" ha istruito i suoi lettori "è essere un *rodef shalom*, cercatore di pace". [...]
Sfortunatamente, anche se questi individui non sono molti, e i loro argomenti sono invariabilmente menzogneri e facilmente confutabili, essi godono di grande considerazione nell'Europa di oggi e insieme hanno fatto un danno incalcolabile, donando un imprimatur ebraico alla causa anti-israeliana.[...]
Al momento del dibattito, una fragile studentessa si è alzata per un appello appassionato. "Voglio esprimere la mia gratitudine a lei, Dr. Khalidi -disse la giovame donna- per la vostra volontà di condividere la Palestina con gli ebrei come un comune patrimonio" ("Comune Patrimonio" era l'anodina frase ad effetto che Khalidi aveva coniato per promuovere la sua soluzione "uno stato", cioè la dissoluzione di Israele) Questo notevole, generoso dono, proseguì la studentessa, ignara della sua scelta di antiche antinomie religiose, stava in evidente contrasto al miserabile approccio di Benny Morris, che aveva insistito sul diritto di Israele di continuare la sua esistenza come nazione. "Come ebrea" concluse il suo intervento a Khalidi "sento vergogna che la vostra terra vi sia stata presa a nome mio e dei miei antenati. E' mio dovere come ebrea stare dalla parte della giustizia". Se, in effetti, si era alzata con vergogna, si risedette al tuono di un applauso torrenziale.
In affermazioni come queste, non si può fare a meno di notare il ricorso non solo di ricorrenti motivi teologici, ma anche di una certa pericolosa danza alla quale gli ebrei europei hanno partecipato per lungo tempo. Oggi come ieri, il "particolarismo", una volta religioso, oggi nazionale, resta una spina nel fianco dell'Europa. Oggi, come ieri, rimuovere la spina significa una rinuncia al "particolarismo" per abbracciare la salvezza universale.
Questo non è antisemitismo anni 30. In questo senso ristretto del termine gli europei anti-israeliani hanno ragione a gridare di non essere antisemiti. Ciononostante, è una antica forma di antisemitismo, che ha sempre richiesto agli ebrei sotto scrutinio un preciso schema di risposte. Per i più, le scelte sono di piegarsi nella speranza che i problemi passino, di raccogliere le proprie cose e cercare di farsi una vita altrove oppure resistere ed opporsi nella misura in cui possono. Abbiamo visto tutte e tre queste risposte nella società ebraica europea durante questi anni, e ognuna ha avuto il suo costo. Alcuni, comunque, decidono di prendere una strada differente, cercando favore e ricompensa esercitando ogni sforzo di assimilarsi a qualunque cosa sia richiesta a loro, fino al punto di dissociarsi pubblicamente dalla storia e dal destino del proprio popolo. Come accade sempre con queste manovre, occorre trovare razionalizzazioni e autogiustificazioni, che sono a portata di mano.[...]
Quello che rimane costante è che, sia nell'Europa pre che post-illuminista, l'elite europea di oggi ha i suoi ebrei buoni e i suoi ebrei cattivi. Ci sono ebrei che abbraccia, incoraggia e celebra. E ci sono gli ebrei che rimprovera e condanna. Per i primi, ci sarà sempre un posto d'onore al sole europeo. Agli ultimi, l'Europa di oggi, ufficialmente pluralista e tollerante, ha scelto di girare la schiena.
C'è da meravigliarsi, allora, che qualche "ebreo buono" abbia scelto di vivere alla luce, mettendo in evidenza i suoi titoli, unendosi rumorosamente al coro che ha consegnato gli altri ebrei all'oscurità?

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La foto è di Walker Evans

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