26.12.05

L' Ipotesi Documentaria vs. Goethe

Sorridi, sei sul TBLOG

Mi sto rileggendo con piacere un articolo di Rav Nathan Lopes Cardozo che spiega come l'estremismo di Wellhausen e della sua Ipotesi Documentaria, pur essendo destituito di ogni fondamento scientifico, abbia incontrato durevole e notevole successo nel mondo accademico. Beh, non sorprendentemente, la ragione è che la demolizione del cosiddetto "antico testamento" a documento privo di valore morale e storico serviva a promuovere un nuovo popolo eletto, quello cristiano, e tedesco in particolare. Un'operazione pseudoscientifica antisemita, come molte altre ce ne sono state. L'articolo ripercorre in modo puntuale la critica all' "high criticism" che ha finito per fare a pezzi Wellhausen (anche se non nell'immaginario popolare). Un pezzo sempre godibile è questo di Walter Kauffman [Critique of Religion and Philosophy (Princeton, NJ: Princeton University Press, 1978) p. 377], in cui si immagina un Wellhauseniano "analizzare" il Faust di Goethe:


Imagine a Higher Critic analyzing Goethe's Faust, which was written by a single human being in the course of sixty years. The scenes in which the heroine of Part One is called Gretchen would be relegated to one author; the conflicting conceptions of the role of Mephistopheles would be taken to call for further divisions, and the Prologue in Heaven would be ascribed to a later editor, while the prelude on the stage would be referred to yet a different author. Our critic would have no doubt whatsoever that Part Two belongs to a different age and must be assigned to a great many writers with widely different ideas. The end of Act IV, for example, points to an anti-Catholic author who lampoons the church, while the end of Act V was written by a man, we should be told, who, though probably no orthodox Catholic, was deeply sympathetic to Catholicism. Where do we find more inconsistencies in style and thought and plan: in Goethe's Faust or in the Five Books of Moses?[39]

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La foto è di Irving Penn

25.12.05

Gut yontof a tutti

Sorridi, sei sul TBLOG[da soc.culture.jewish.moderated]

On occasions such as Christmas Day and Easter day when the streets were teeming with dressed up gentiles full of good will and there was an aura of festivities in the air, while going for a walk, my father would greet the gentiles he would encounter with a cheery and forceful "gut yontof". I expect that they rarely realized he was not speaking English. In any case I recall their all reacting positively.

The phrase is Yiddish. It literally means "good holiday". "gut" means "good" and is a cognate of the German "gut" and the English "good". "yontof" means holiday; it comes from the Hebrew "Yom Tov". "Yom" is Hebrew for day and "Tov" is Hebrew for good. So an etymologically literal translation of "Gut Yontof" is "good good day". In fact it's an idiom and is a greeting that Yiddish speakers exchange with each other on Jewish holidays, very akin to "Merry Christmas" or "Happy New Year". I don't recall ever discussing this with my father. But I think the habit had three interacting motives:

1. A genuine feeling of of well being and friendliness to the world, being caught up in the general good will that permeated the atmosphere. That is, he was being nice to the goyim.

2. A sort of insider's joke, because he knew and they didn't that the phrase was from his culture and not theirs.

3. An act of defiance and courage. He was saying to his fellow walkers "I am a Jew, whether you like it or not". He was speaking not just to Chicago gentiles in the 1940's but also to their contemporary German counterparts, to Ukrainian peasants of
1910, and to 20 centuries of persecutors.

What ever the reasons I have taken it upon myself to carry on this tradition as a sort of memorial to him. Every Christmas day I go out to say gut yontof to the goyim. The response is always positive. Usually something like "and Merry Christmas to you too" or "The same to you".

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La foto è di Brian Grigsby

21.12.05

L'Europa e gli ebrei buoni

Sorridi, sei sul TBLOG
Dal primo articolo di Emanuele Ottolenghi su "Commentary", pubblicato su questo numero. [leggi tutto] Ho tagliato molte cose interessanti, in particolare l'analisi del linguaggio pseudo-teologico degli antisionisti di oggi. Ecco una traduzione del nocciolo.
[...] Molti altri hanno considerato loro specifico dovere di ebrei la denuncia di Israele. I loro ranghi includono tutti e tre i proponenti di una mozione "Il sionismo è il nemico degli ebrei", lanciata ad un dibattito pubblico a Londra agli inizi di quest'anno. Uno di essi è lo storico Avi Shlaim. Come altri prima di lui, anch'egli ha sentito il bisogno di pubblicizzare la sua virtuosità ebraica scrivendone e pubblicando. In un intervento sull' IHT, egli ha giustificato l'implacabile antisionismo sul quale ha fondato la sua carriera accademica appellandosi a una religione che non risulta abbia mai praticato. "Uno dei più grandi riconoscimenti dell'ebraismo" ha istruito i suoi lettori "è essere un *rodef shalom*, cercatore di pace". [...]
Sfortunatamente, anche se questi individui non sono molti, e i loro argomenti sono invariabilmente menzogneri e facilmente confutabili, essi godono di grande considerazione nell'Europa di oggi e insieme hanno fatto un danno incalcolabile, donando un imprimatur ebraico alla causa anti-israeliana.[...]
Al momento del dibattito, una fragile studentessa si è alzata per un appello appassionato. "Voglio esprimere la mia gratitudine a lei, Dr. Khalidi -disse la giovame donna- per la vostra volontà di condividere la Palestina con gli ebrei come un comune patrimonio" ("Comune Patrimonio" era l'anodina frase ad effetto che Khalidi aveva coniato per promuovere la sua soluzione "uno stato", cioè la dissoluzione di Israele) Questo notevole, generoso dono, proseguì la studentessa, ignara della sua scelta di antiche antinomie religiose, stava in evidente contrasto al miserabile approccio di Benny Morris, che aveva insistito sul diritto di Israele di continuare la sua esistenza come nazione. "Come ebrea" concluse il suo intervento a Khalidi "sento vergogna che la vostra terra vi sia stata presa a nome mio e dei miei antenati. E' mio dovere come ebrea stare dalla parte della giustizia". Se, in effetti, si era alzata con vergogna, si risedette al tuono di un applauso torrenziale.
In affermazioni come queste, non si può fare a meno di notare il ricorso non solo di ricorrenti motivi teologici, ma anche di una certa pericolosa danza alla quale gli ebrei europei hanno partecipato per lungo tempo. Oggi come ieri, il "particolarismo", una volta religioso, oggi nazionale, resta una spina nel fianco dell'Europa. Oggi, come ieri, rimuovere la spina significa una rinuncia al "particolarismo" per abbracciare la salvezza universale.
Questo non è antisemitismo anni 30. In questo senso ristretto del termine gli europei anti-israeliani hanno ragione a gridare di non essere antisemiti. Ciononostante, è una antica forma di antisemitismo, che ha sempre richiesto agli ebrei sotto scrutinio un preciso schema di risposte. Per i più, le scelte sono di piegarsi nella speranza che i problemi passino, di raccogliere le proprie cose e cercare di farsi una vita altrove oppure resistere ed opporsi nella misura in cui possono. Abbiamo visto tutte e tre queste risposte nella società ebraica europea durante questi anni, e ognuna ha avuto il suo costo. Alcuni, comunque, decidono di prendere una strada differente, cercando favore e ricompensa esercitando ogni sforzo di assimilarsi a qualunque cosa sia richiesta a loro, fino al punto di dissociarsi pubblicamente dalla storia e dal destino del proprio popolo. Come accade sempre con queste manovre, occorre trovare razionalizzazioni e autogiustificazioni, che sono a portata di mano.[...]
Quello che rimane costante è che, sia nell'Europa pre che post-illuminista, l'elite europea di oggi ha i suoi ebrei buoni e i suoi ebrei cattivi. Ci sono ebrei che abbraccia, incoraggia e celebra. E ci sono gli ebrei che rimprovera e condanna. Per i primi, ci sarà sempre un posto d'onore al sole europeo. Agli ultimi, l'Europa di oggi, ufficialmente pluralista e tollerante, ha scelto di girare la schiena.
C'è da meravigliarsi, allora, che qualche "ebreo buono" abbia scelto di vivere alla luce, mettendo in evidenza i suoi titoli, unendosi rumorosamente al coro che ha consegnato gli altri ebrei all'oscurità?

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La foto è di Walker Evans

17.12.05

Una TV perfettamente normale

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Alla TV di Hezbollah, il partito che secondo il segretario dei Comunisti Italiani, "è un partito perfettamente legale, vittima di alcune incomprensioni a causa della sua natura religiosa" si trasmettono anche spettacoli per bambini. In questo dei pupazzi di plastilina illustrano il Corano e spiegano come gli ebrei siano stati trasformati in scimmie e porci e siano da scaraventare in mare.

Buona visione, On. Comp. Prof. Segr. Diliberto!

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Screen shot dello spettacolo della TV Al-Manar

Il nuovo razzismo multiculturalista

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Di Giorgio Israel: Il foglio 16 dicembre 2005 - pag 2

E’una storia vera, realmente accaduta, come altre analoghe. Un bimbo africano adottato fin da piccolo da una famiglia italiana viene ripetutamente molestato a scuola. I suoi compagni di classe lo chiamano “scimmia”. Il bambino è scosso, disperato, i genitori protestano, s’incontrano con gli insegnanti e con i genitori degli altri bambini. Questi ultimi escludono vivacemente che vi siano sentimenti razzisti in circolazione. “E’ così difficile capirsi tra ‘diversi’… – protestano – non sarebbe il caso di organizzare degli incontri per scambiare la conoscenza dei rispettivi usi e costumi? La cosa più carina sarebbe organizzare delle cenette in cui ognuno fa gustare all’altro le proprie specialità etniche…”. In realtà, il nostro bimbo parla romanesco e adora la pizza e gli spaghetti. Perché mai dovrebbe rompersi la testa a cucinare il kunde, il kaklo o il riso al cocco, e provarne il sapore per lui inusuale, mentre i suoi compagni lo introducono alle meraviglie dei bucatini all’amatriciana, che lui conosce meglio di loro?" [Leggi tutto]

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La foto è di Walker Evans

16.12.05

La vespa cocchiera

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Difficile aspettarsi di trovare qualcosa di cui parlare dentro un libro di Bruno Vespa. Eppure stavolta qualcosa c'è: i cascami antisemiti talvolta ridicoli, talvolta grotteschi, talvolta incredibili.
Si scoprono solo 330.000 copie vendute dopo. Grazie alla lettera a Repubblica del solito ebreo rompiscatole.


“Nel suo ultimo libro Bruno Vespa ha creduto opportuno prendere le mosse dall'antisemitismo fascista per disegnare una storia d'Italia intrisa di odio e contrapposizioni. Naturalmente è libero di dare l'interpretazione che vuole, a patto che sia fondata su una narrazione storica corretta. Le pagine dedicate agli ebrei e all'antisemitismo contengono una quantità notevole di spropositi, di errori, di vere e proprie falsità storiche. Viene da chiedersi a cosa serva organizzare le centinaia di incontri e manifestazioni per la Giornata della Memoria in cui si discute su basi storiche e scientifiche a proposito di razzismo, leggi antisemite, shoà, se poi in un libro si scrivono quanto meno con leggerezza tesi storiche insostenibili e false. Vespa fra tanti altri sembra non rendersi conto della responsabilità che il giornalismo di divulgazione ha nell'educazione della nostra società. E' sempre sbagliato fare citazioni estrapolandole dal contesto, ma elenco alcune frasi tra le più significative per dare un'idea di quel che il libro contiene:
p.31 "Il solo fascista da sempre risolutamente antisemita fu Giovanni Preziosi"; p.31 "Gli ebrei erano quasi tutti 'borghesi'"; p.34 "Il mondo economico, sul quale i finanzieri ebrei esercitavano la loro influenza, osteggiò la politica autarchica del regime"; p.56 "il Talmud, oltre a riportare una serie di espressioni ingiuriose verso Cristo (l'"impostore", il "falso messia"), afferma "la superiorità di Israele su ogni altro popolo annunciando per un futuro indefinito ma certo il trionfo mondiale dei figli circoncisi di Abramo, cui tutti gli altri finiranno per versare tributo e prestare omaggio". [?] Una parte rilevante degli ebrei preferiva le inquietanti profezie del Talmud alle rassicuranti rivelazioni della Torah"; p.57 "I gesuiti erano allarmatissimi all'idea che, alla fine dell'Ottocento, almeno la metà dei banchieri di Parigi, Londra, Amsterdam e New York fosse ebraica?"; p.58 "Gli ebrei erano inoltre formidabili proprietari immobiliari in tutta Europa: un quarto del territorio ungherese e l'80 per cento della regione spagnola della Galizia [fa confusione con la Galizia, regione della Polonia meridionale, e peraltro è del tutto privo di fondamento] erano sotto il loro controllo."; p.58 "da quando agli ebrei era stata riconosciuta parità di diritti con gli altri cittadini, essi erano riusciti a stabilire 'la loro egemonia in molte parti della vita pubblica'". Un florilegio dei più retrivi e impronunciabili luoghi comuni dell'antisemitismo ottocentesco, riproposti come "fatti storici.

Gadi Luzzatto Voghera”
Repubblica [*]

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8.12.05

Ai "nuovi ebrei" non piace la memoria della vecchia Shoah

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[...] Che la Shoah simboleggi, nel corso degli eventi umani, il male assoluto, dovrebbe essere ovvio. Che tutto il male umanamente generato diventi equivalente alla Shoah, dovrebbe essere meno evidente. [...]
Se i palestinesi sono vittime di un genocidio infatti non solo i loro oppressori - Israele - sono demoni al pari del nazismo ma i palestinesi divengono i nuovi ebrei - l'archetipo della vittima - del ventunesimo secolo, in soccorso dei quali occorre intervenire contro il nuovo Hitler che li perseguita. Non dovrebbe sorprendere quindi che una commissione governativa inglese composta di rappresentanti islamici, nominata a seguito degli attentati del 7 luglio scorso a Londra, abbia sollecitato il governo di Sua Maestà ad abolire il Giorno della Memoria come miglior risposta agli attentati. [...] La proposta, che già da quattro anni rappresenta la posizione ufficiale del
Muslim Council of Britain e che è stata adottata anche in Italia dall'Ucoii [Forse la massima organizzazione di mussulmani italiani, che nel 1995 ha pubblicato il Corano con l'infame commento antisemita di Hamza Piccardo - Nota Tb]
L'annullamento delle differenze e l'omissione selettiva di eventi storici scomodi serve a elevare i mussulmani a ruolo di nuove vittime in Europa, costringendo gli europei ad accettare tali distorsioni storiche in nome della convivenza e del multiculturalismo. La cacofonia di voci europee impegnate a usare e abusare la memoria della Shoah per le più disparate tenzoni retoriche morali e politiche non fa altro che rafforzare il trend di banalizzazione dell'Olocausto [...]
Per ora i tentativi di negare l'unicità dell'Olocausto e della sua specificità ebraica sono falliti. Ma prima o poi gli assalti contro i bastioni della memoria troveranno una breccia.
Da Shalom, un articolo di Emanuele Ottolenghi: leggi tutto

Dal it-alt.cultura.ebraica:
Alberto Bianco: "la Shoah non è il male assoluto"
Rapa Nui: "L' unicità e le Shoot del popolo ebraico"

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La foto è di Walker Evans

7.12.05

Il labor di Peretz sfonda a destra.

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Il grande partito della sinistra israeliana comincia ad avanzare dove meno te lo aspetti.

Qualche settimana fa presentavo un'analisi di Haaretz, nella quale si annunciava la forza dirompente che la candidatura di Peretz (nuovo segretario del labor) Il primo sefardita mai salito al vertice del partito. Peretz è l'ex segretario del sindacato, ed ha un grande seguito popolare anche per essere un immigrato marocchino che è arrivato al vertice provenendo dal nulla.
Per questo, più ancora che verso sinistra, il nuovo Labor minaccia di pescare voti verso la destra di Likud e Shas, che da molti anni raccolgono il voto popolare dei nuovi immigrati.

Le manovre sono cominciate. Il primo passo è stato la candidatura di Shelly Yachimovitz, la Gruber israeliana, che si è subito lanciata in un attacco a Shinui. Un deputato di quel partito, sempre in forte polemica con i religiosi, ha accusato Peretz di essere l'uomo dell'intesa laburisti-ultraortodossi.

Oggi, in nome della guerra alla povertà, una nuova tappa dell'avanzata a destra: Peretz comincia ad erodere il Likud. Oltre 200 aderenti al partito hanno tenuto una conferenza con Peretz e la maggior partedi loro ha annunciato che si iscriverà ad Avodà (labor), accusando la politica di riforme di Bibi Nethanyahu di avere ignorato i problemi del 30 per cento di israeliani alla soglia della povertà.

Per decenni, i laburisti hanno cercato di guadagnare voti sul fronte della pace. Oggi, è una guerra annunciata, quella alla povertà, che rischia di rimetterli al centro della politica israeliana.

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Abu Mazen e i finanziamenti alle famiglie dei kamikaze. Non è la prima volta.

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Il 23 ottobre Abu Mazen
sponsorizzò una manifestazione nel corso della quale venne distribuito un milione di dollari, pagati dagli iraniani, per le famiglie degli shahid e per le famiglie dei detenuti nella striscia di Gaza.

Nel frattempo la notizia del finanziamento ANP alle famiglie dei kamikaze, oltre che da Daily News, viene pubblicata anche da Arutz Sheva.

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Sì, Bottai era un antisemita. E i suoi allievi sono tra noi.

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L'antefatto: il libro di Mirella Serri, da un post di Luca Tassinari su it.cultura.ebraica

L'articolo di Giorgio Israel, sul Foglio di oggi

Quando mi iscrissi all’Università di Roma, nel 1964, fu per me un autentico shock trovare in calce al mio libretto universitario la firma dell’allora preside della Facoltà di Scienze, Sabato Visco. Era un nome da brividi a casa mia. Mio padre era stato primo aiuto e sostituto in ogni funzione del biologo senatore Giulio Fano. Quando questi morì improvvisamente, egli si vide piombare davanti Visco come successore del Fano. Innumerevoli racconti circolano circa l’incompetenza scientifica di costui (anche a me narrati qualche anno fa dal Nobel Emilio Segré). Ma al di là degli aneddoti c’è di oggettivo la mediocrità della sua produzione scientifica e il suo curriculum razzista a tutto tondo culminato nella funzione di Capo dell’Ufficio Razza del Minculpop. Rese impossibile la vita a mio padre, che tormentava con discorsi antisemiti che propinava dietro la sua scrivania roteando un mazzo di chiavi, fino a determinarlo a rassegnare le dimissioni, quando ancora non erano state promulgate le leggi razziali. Vedendo quella firma mi rivolsi a Lucio Lombardo Radice e gli chiesi come un simile personaggio potesse essere preside di una facoltà così prestigiosa (e progressista). Ne ricevetti una stupefacente risposta: “Si, va bene, ma è tanto bravo a trovare denaro”. Fu di certo la mia militanza comunista a farmi accontentare di una simile spiegazione. [...] In fondo, di fronte alla vicenda Visco, da buon militante comunista, mi ero chiesto più volte se non ci fosse qualcosa di errato nei giudizi e addirittura negli atti di mio padre. Come spiegare altrimenti l’atteggiamento condiscendente di un rispettabile esponente dell’antifascismo come Lombardo Radice? Me lo chiedevo anche a causa di una domanda corrosiva che metteva in discussione la credibilità di mio padre. Era una domanda non ipotetica, che mi ero sentito rivolgere tante volte dai miei “compagni”: “Che faceva tuo padre mentre gli altri facevano la resistenza?”. Ed ero costretto ad ammettere, con un sentimento di vergogna e di menomazione, che egli era stato “soltanto” un perseguitato, magari nascosto in un convento, una specie di imboscato. [...] Sarà opportuno un giorno narrare e analizzare le devastazioni prodotte da un simile modo di pensare nelle coscienze di tanti
militanti comunisti ebrei, quelli che non avevano imbracciato il fucile e non si erano conquistati il diploma di eroi o vittime di prima classe. Gli esempi di questa perversa forma di intimidazione sono sotto gli occhi di chiunque voglia tenerli aperti. Anni fa citai il caso del film “All’armi siam fascisti”, un documentario storico di Del Fra, Mangini e Micciché, su testo di Franco Fortini, che pure aveva destato le mie passioni di giovane militante. In quel film le immagini di Auschwitz era commentate con una sola frase: “Chi vuol comandare ha bisogno di servi. I servi avranno un contrassegno: la stella di David. L’odio di classe si traveste da odio di razza”. Un puro travestimento… Insomma, lo sterminio razziale poteva rientrare negli schemi mentali di un comunista e nei parametri di ciò che è condannabile nella misura in cui era riconducibile a una manifestazione di odio di classe. Si potrebbe dare una migliore illustrazione di quanto sopra descritto? Sì, può essere data. Ed è la storiografia a darcela. O meglio: la constatazione che la questione della politica razziale del fascismo è stata sempre sistematicamente ignorata dalla storiografia comunista che l’ha scoperta soltanto molto tardi, mentre è stato il vituperato storico “revisionista” Renzo De Felice a scoperchiare per primo la maleodorante pattumiera.[...] L’amnistia togliattiana, rapida e generosa, soprattutto per quei ceti della classe dirigente, in particolare intellettuali, che potevano offrire la complicità e la fedeltà in cambio del lavacro dei peccati, che potevano garantire l’egemonia, soprattutto culturale, in perfetta applicazione delle prescrizioni gramsciane: conquistare le “casematte” della società. E’ in questo contesto che va visto il connubio che si è verificato in “Primato”. Non si tratta certo di riesumare l’improbabile teoria secondo cui Bottai preparava qui la covata degli intellettuali atti a gestire la caduta del fascismo: Bottai è stato fascista e razzista fino in fondo. Ma la coesistenza di un così alto numero di intellettuali – fascisti, cattolici, comunisti – in questa iniziativa, ha creato il terreno atto a favorire il trasferimento in blocco di tutta la compagine sotto nuove ali e a realizzare una nuova egemonia culturale. “Primato” è stato la premessa ideologica dell’amnistia togliattiana e, al contempo, la condizione per il suo successo. Del resto, come era possibile convincere tanti personaggi, che si erano letteralmente insozzati di razzismo, a passare armi e bagagli dall’altra parte, se non offrendo in cambio un robusta cortina di silenzio? E, viceversa, come si poteva agire diversamente,
quando tanti intellettuali non fascisti o addirittura antifascisti avevano accettato certi compromessi, come quello di scrivere su “Primato”, una pagina più in là di Bottai? [...] Fecero eccezione pochissimi, tra cui Gentile: ma lui ci ha pensato un eroe partigiano ad abbatterlo, mentre ai “difensori della razza” si stendevano i tappeti del potere.
Così è stato. Tanto vasto è stato il livello di compromissione del mondo della cultura. E allora che dovremmo dire? Che, siccome la crema della cultura italiana si è macchiata di razzismo antisemita, questo non è mai esistito? O che altro diamine dovremmo dire, per non provocare l’irato fastidio di chi non
vuol vedersi sbattere ancora tra i piedi questa vecchia storia? Dispiace se qualcuno si sente disturbato nella sua pennichella, ma sono passati i tempi in cui quattro insulti di stile baffuto potevano intimidire e indurre al silenzio. [...] Ma si dice che “Primato” non era una rivista razzista e che neppure Bottai lo era. Quando si ha il coraggio di accompagnare il nome di “Primato” o quello di Bottai con l’ironica virgolettatura accompagnata da punto esclamativo “ariano e antisemita” (!), è chiaro che si mira a provocare una reazione emotiva, che sarebbe sacrosanta. Ci vuole una bella dose di incoscienza provocatoria nel prodursi in simili sghignazzate, in barba a centinaia di pagine di documenti che mostrano come Bottai sia stato il campione della politica razziale, uno dei suoi più pedanti, accaniti e spietati esecutori nell’ambito culturale, e un dichiarato assertore della centralità della tematica razziale nell’ideologia del fascismo. Bottai intellettuale di prim’ordine? Certo, si accomodi – e in tal modo si qualifichi – chi vuole abbeverarsi alla fonte del fine pensatore che vedeva nella filosofia di Spinoza una prova del “pervertimento giudaico” o che concludeva il Congresso dell’Unione Matematica del 1940 proclamando: “La matematica italiana, non più monopolio di geometri d’altre razze, ritrova la genialità e la poliedricità tutta sua propria per cui furono grandi nel clima dell’unità della Patria, i Casorati, i Brioschi, i Betti, i Cremona, i Beltrami, e riprende, con la potenza della razza purificata e liberata, il suo cammino ascensionale”. Se si vuole andare a braccetto di simili figuri, e proporre questo pattume come crema della cultura, ci si accomodi: vuol dire davvero che il modello politico-culturale di “Primato” per certuni è ancora attuale.

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Gaza denuncia i lanciatori di razzi

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I cittadini di Gaza cominciano ad averne le scatole piene dei lanciatori di missili. Israele ha lanciato su Gaza molti volantini con un numero verde per informare l'IDF dei movimenti dei terroristi.

Sulle 1500 chiamate ricevute, oltre 2/3 sembra che contengano informazioni "di alta qualità", come posizione e tipo dei veicoli che si preparano ai lanci di Qassam su territorio israeliano. Da Maariv, tradotto in inglese da Daily Alert.

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6.12.05

Abu Mazen paga il suicida con soldi israeliani

Sorridi, sei sul TBLOG

Abu Mazen ha condannato per ragioni pratiche (non morali) l'attacco suicida costato quattro morti.

Nel contempo, approva il finanziamento alle famiglie dei martiri, per il quale verranno utilizzati fondi europei e persino israeliani. Complimenti vivissimi.

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